domenica 13 novembre 2011

L'assemblea sepoffà

Scrivo queste righe a caldo, dopo aver partecipato ad un'assemblea del movimento 15M (famoso in tutta Europa come il movimento degli indignados) per non lasciarmi sfuggire le sensazioni emotive e le impressioni superficiali che ho provato. Credo che questo sia l'unico metodo per provare ad afferrare qualcosa in mancanza di tempo per esplorare e approfondire. Inoltre si abbozzerà un tentativo di comparazione con le varie situazioni di opposizione sociale di cui ho avuto esperienza in Italia, delle quali ho un'opinione probabilmente più sedimentata.


L'asamblea 15M Granada si svolge in Plaza del Carmen, una delle piazze centrali di Granada, che ospita l'ayuntamento (il municipio), alle ore 17. Le persone arrivano a grappoli, e non si comincia prima di una mezz'oretta, seduti per terra nella luce viola del tramonto.Come primo passo l'assemblea elegge un moderatore, che ha il compito di tenere la lista degli interventi e temperarne gli eccessi. Il ruolo è affidato a Clara, una signora sulla sessantina con i capelli color avorio raccolti dietro le spalle. Fuma.Il primo punto all'ordine del giorno riguarda la necessità di uno spazio al chiuso per sostenere le assemblee in tempo invernale: pur essendo molto a sud -all'altezza della Sicilia- Granada è piuttosto fredda nei mesi invernali, a causa della catena montuosa della Sierra nevada, che la strozza in una valle e che ci soffia sopra vento nevoso.

Durante il dibattito emerge la composizione dell'assemblea, divisa territorialmente in quartieri e tematicamente in gruppi di lavoro. Uno di questi ultimi aveva il compito di elaborare una proposta per risolvere il problema dello spazio e portarla in assemblea attraverso la voce di un rappresentante, sempre molto attento nel tentare di scindere la proposta del gruppo, articolata in pochi punti chiari, dal personale tentativo d'interpretare il dibattito che ha maturato il progetto.

La sostanza della proposta era di occupare un luogo inutilizzato di proprietà di una qualche istituzione pubblica per aprirlo al movimento indignados e a qualsiasi associazione di persone che sia apartitica e asindacale. Verrà, una volta superato il periodo di contrattazione con l'istituzione, insediata un'assemblea di gestione plenaria, che avrà il compito di organizzare il posto, che in ogni caso non potrà mai essere un'occupazione a scopo abitativo né ricreativo.

Durante l'esposizione della proposta noto che diverse persone, di quando in quando, alzano le mani agitandole sopra la testa -un po' come in Italia si fa alleluia in chiesa. Ci metto un po' a compendere che il gesto è sinonimo di consenso con le parole di chi sta parlando, e ne apprezzo la plasticità buffa e l'efficacia.


C'è da osservare immediatamente come il dibattito sullo strumento “partito” non s'inneschi, come probabilmente farebbe in una discussioe simile in Italia. Evidentemente il movimento 15M ha già affrontato la questione: né partiti né altri organi della democrazia rappresentativa sono coniderati, allo stato attuale delle cose, strumenti interrogabili per il cambiamento. Né alle manifestazioni sono ospitati: nessuna bandiera di partito sventolava durante l'unica manifestazione a cui ho partecipato, il 4 novembre. Mi pare che questa sia una delle differenze più evidenti con il procedere politico italiano, emersa bene anche durante la mobilitazione internazionale del 15 ottobre: è qui messa in discussione e rigettata la forma della democrazia rappresentativa in quanto meccanismo inevitabilmente intaccato e guidato dalle logiche economiche del capitale: nessun partito potrà cavalcare l'onda degli indignados per raccattare voti. Alla rappresentanza indiretta è contrapposta la discussione in assemblee popolari.


La proposta del gruppo di lavoro è discussa nell'ambito dell'assemblea generale, che ospita le voci delle riunioni dei barrios della città. Evidentemente le assemblee territoriali erano già a conoscnza della sostanza della proposta, probabilmente da un'assemblea precedente, poiché diversi portavoce riportano gli esiti delle votazioni di quartiere intorno all'ipotesi di un'occupazione, laddove non fossero unanimi. I punti intorno ai quali emerge il dibattito sono: la questione del grado d'inclusività civica di un'azione simile; i problemi che emergerebbero nel caso di un'occupazione gestita male; la necessità di una contrattazione con gli abitanti del quartiere che ospiterà lo spazio.

La decisione di occupare uno spazio è presa dall'assemblea a grande maggioranza, con nessun voto contrario e qualche astensione degli scettici, che fanno seguire al proprio voto una chiarificazione dei propri dubbi. Solo un portavoce di quartiere si astiene.

Una cosa interessante è l'utilizzo dello strumento del voto. Esso non rappresenta la voce ultima e inappellabile dell'assemblea: non funziona esattamente secondo il principio che è la maggioranza a decidere. Più verosimlmente, per come l'ho percepita io, è piuttosto la non contrarietà di nessuno a permettere la presa di decisione. Il voto contrario sarebbe dunque considerato come strumento per esigere un prolungamento del dibattito, per riformulare l'oggetto della discussione e poi del voto.

Inoltre l'utilizzo del voto non è legato in alcun modo alla partecipazione continuata alle attività, ma alla semplice presenza fisica e alla volontà di votare. Si possono trovare molte pecche in un sistema simile, ma quantomeno evidenzia lo sforzo di considerare ogni persona come legittima autorappresentante nel luogo in cui vive, al di là di tutte le burocrazie che impone la democrazie rappresentative. Dunque la presenza come unico requisito -inalienabile (?)- per il diritto alla parola e alla partecipazione al proprio territorio.


È una sensazioe strana, per chi è abituato ad un certo tipo di dibattito in Italia, stare in un'assemblea che usa in modo così disinvolto la parola democrazia e, in qualche modo, che addirittura ne rispetta le forme e i principi basilari. Evidentemente ha alle spalle una discussione che ne seleziona una certa accezione, che tenta di metterne in atto certe forme e ne fa risaltare un anima radicalmente contrapposta alla democrazia mainstream attuale -anche perché oggi meno che mai si può chiamare democrazia un regime in mano al capitale.


Devo dire che il movimento 15M non mi è parso in grado di effettuare la svolta che chiede e nemmeno immacolato dalle gravi contraddizioni (sociali, psicologiche, politiche..) che attraversano tutti i movimenti di opposizione sociale europei; tuttvia tra le pieghe del dibattito emerge una certa maturità che va certamente oltre le discussoni pesanti, incartate, paratatticistiche delle nostre assemblee politiche (e questo, ahinoi, accomuna quasi tutti i livelli della vita politica italiana). Una vitalità candida, se si vuole anche ingenua, ma che odora di reinvenzione, riorganizzazione. Ri-messa in discussione di ciascuno e ciascuna, oltre che del capitale.

Sarebbe vento fresco a casa nostra.


Il sito del movimento 15M a granada:
http://acampadagranada.org/




"Riceviamo e trasmettiamo come ci è stato cortesemente richiesto, la lettera aperta che Giorgio Colombo, già assessore alla Politiche Sociali del Comune di Trezzo sull'Adda nel periodo 1999/2009, ha scritto al Sindaco di Trezzo, signor Danilo Villa, in relazione all'articolo apparso sulla stampa nel quale lo stesso Sindaco accusava di "eccesso di zelo" gli operatori dei servizi sociali"

LETTERA APERTA  al Sig. SINDACO di Trezzo s/Adda
Sul quotidiano “il Giorno” edizione “ la  Martesana” di mercoledì 2 novembre 2011 è apparso un servizio dal titolo: “Il caso Trezzo: record di minori tolti alle famiglie” e nel sottotitolo: “sessantacinque casi solo nel 2011, raddoppiata la spesa in un anno. Il Sindaco vuole vederci chiaro”.
Un articolo intervallato da dichiarazioni del Sindaco, che ricordiamo è anche Assessore alle politiche sociali, famiglia e infanzia, dopo le dimissioni dell’assessore Sala. Un servizio a dir poco allucinante, infarcito di falsità  e volgarità con dati che deviano la realtà, ( il totale dei minori affidati alle comunità sono 13 e non 65) voluto  e confezionato unicamente per denigrare l’operato dei Servizi sociali.
Il Sindaco mette sotto accusa in modo vergognoso i Servizi sociali e l’operato dei professionisti (assistenti sociali, psicologi e la responsabile dei servizi). Non eravamo a conoscenza che il “nostro “ Sindaco avesse competenza in materia o, forse banalizzando  la tematica ,  egli pensa che solo “il buon senso” possa decidere per il benessere dei nostri bambini.
Il Sindaco ha anche la presunzione di mettere in discussione tutto il sistema  giudiziario o, forse,non conosce affatto la materia.  Infatti nelle sue dichiarazione non ha assolutamente ricordato che è il Tribunale dei Minori a decidere, sono dei giudici a decidere e non gli operatori “troppo zelanti”. Se non crede a questo e pensa che basti una relazione, mi chiedo cosa ne penserebbe il Tribunale delle sue affermazioni .
Non pensavamo che avesse tali conoscenze e competenze per insinuare il dubbio sull’operato di tutto un sistema che si fonda su leggi e competenze seriamente e altamente specializzate.
Se il Sindaco, che dovrebbe essere il primo a tutelare la giustizia e a valorizzare la tutela, mette in dubbio l’unico strumento che abbiamo per proteggere i nostri bambini, siamo finiti.  E’ meglio che cambi “mestiere”.
Forse  è convinto che sia meglio non intervenire, far finta di niente e lasciare che i bambini permangano in situazioni familiari con gravissime difficoltà e sofferenze.
Siccome ho operato per ben 10 anni (dal 1999 al 2009) come Assessore alle Politiche sociali e  conosco molto bene l’alta professionalità, la sensibilità e l’umanità degli operatori dell’equipe tutela minori e della responsabile dei Servizi sociali, posso affermare che nessuno è contento di occuparsi di questo……. è troppa sofferenza per tutti.  Anzi , piuttosto che denigrare e delegittimare dovremmo ringraziare coloro che fanno questo scomodo lavoro per il quale non ricevono certamente dei grazie ma, spesso solo insulti e fatiche. Però, ritorni di sorrisi di bambini che, diventati grandi ,hanno trovato la loro strada perché a loro e ai loro genitori è stata offerta una seconda possibilità, ripagano gli operatori molto più di quanto si possa immaginare.
Il Sindaco parla di numeri,  parla di soldi…… è vero, la cifra esposta è certamente alta, ma non abbiamo visto soldi per la prevenzione, progetti a tutela della famiglia………Il “nostro” Sindaco si riempie la bocca con parole come famiglia, infanzia, vita, speranza………ma poi  niente se non tagli, tagli e ancora tagli e nessuna idea o progetto. Forse la gente è ben contenta di investire anche i suoi soldi a favore del benessere di un bambino e a rinunciare, magari, ad una festa o a un fuoco d’artificio…….
Solo freddi numeri e conti…. Ma non ci ha detto chi si nasconde dietro quei numeri: certamente dei volti, delle storie, tanta sofferenza di bambini e anche adulti , tante e troppe volte donne e mamme maltrattate ……….. Signor Sindaco, Lei li ha visti, ha parlato con loro, li ha ascoltati, è andato nelle loro case e poi ha parlato con i giudici, si è informato  …….!?
“il Comune paga e ai bambini viene strappato un pezzo di cuore”. Con questa frase, sicuramente d’effetto, il Sig. Sindaco chiude l’articolo. Complimenti!  Sicuramente raccoglierà qualche voto da chi come Lei pensa  sia meglio non intervenire, far finta di niente, chiudere la porta delle nostre belle case dove non si soffre nel nostro qualunquismo e forse, questa volta ,saranno i bambini a pagare.
Chiudere gli occhi, parlare a sproposito, non ascoltare le persone, non utilizzare e valorizzare la conoscenza e la professionalità dei collaboratori, non investire sulla prevenzione anzi tagliare, tagliare e ancora tagliare e distruggere tutto quanto fatto dai suoi predecessori, certamente non fa  “bene” alla comunità che Lei rappresenta e che un Sindaco o Assessore dovrebbe avere a cuore.
Signor Sindaco, un consiglio: cambi radicalmente strada o per il bene di tutta la comunità trezzese  cambi “mestiere”.

Colombo Giorgio
già Assessore alle Politiche Sociali  del Comune di Trezzo s/Adda.



Trezzo s/Adda   09 novembre 2011

martedì 25 ottobre 2011

Silvio vs Benito

interessante questo articolo di Bocca che parla della diversità tra Berlusconi e Mussolini.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/b-e-il-duce-diversi-in-cosa/2164381

mercoledì 19 ottobre 2011

Sulla manifestazione del 15 ottobre... e oltre.

Se ne sono sentite di tutti i colori su piazza san Giovanni e sulle sommosse. L'unica cosa certa che mi sento di affermare è la totale inaffidabilità delle vulgate mainstream dell'informazione nazionale, dovute all'incapacità giornalistica di leggere e interpretare i fatti con un minimo di coscienza critica o, più probabilmente, al semplice asservimento ai poteri forti. Fatto sta che la linea riduzionista delle due piazze, l'una nonviolenta e costruttiva, l'altra eversiva e composta da blackblock irresponsabili venuti da chissà dove, non aiuta il tentativo di comprendere.

Sabato 15 ottobre le strade erano piene di gente, più o meno appartenente a diverse realtà politiche, unita nell'affermare che la crisi, prima finanziaria, poi del debito nazionale, non deve essere pagata dagli strati sociali meno implicati con le cause della crisi stessa. Una piattaforma ampia che potrebbe aggregare un movimento davvero popolare e intergenerazionale, visto che sempre di più si diffonde la coscienza delle responsabilità economiche di questa crisi e delle brutture che essa disegna. Finalmente non si additano più rom e migranti come responsabili del declino occidentale: molti hanno compreso il ruolo cruciale delle banche, degli istituti di credito, degli operatori finanziari e della classe della grande impresa (che qualcuno chiama ancora padroni).

Al di là di questo generico accordo di posizioni, il corteo era al suo interno composto di microaree, ognuna della quali offriva un punto di vista particolare sulla crisi e sui metodi da impiegare per superarla.

Dirò una quasi-banalità: la pluralità è una grande ricchezza se si comprende come far interagire dialetticamente le voci e le ragioni, ma diventa misera frammentazione quando il dialogo si trasforma in uno scontro nel quale ognuno rivendica la propria fantomatica purezza e accusa moralmente l'altro di partecipare a vario titolo al gioco del potere. Ciò mi pare dividesse le due macroaree che si possono individuare tra le posizioni di quella giornata (coscienti della semplificazione, tenteremo di stare lontani da ogni riduzionismo): l'area che pensa che sia possibile una via istituzionale, che mira ad un nuovo governo come fuoriuscita dall'impasse politica ed economica; e l'area che crede che la crisi sia solo una manifestazione epidermica di un sistema profondamente ingiusto da superare necessariamente per via extraistituzionale. La prima, composta principalmente da partiti (idv, sel, parzialmente anche fds), sindacati (cgil, pazialmente usb) e alcune frange movimentiste più istituzionalizzate, accusa la seconda di essere sostanzialmente irresponsabile, cinica e della filosofia del “tanto peggio tanto meglio”. La seconda, composta da diversi centri sociali (Snia, Acrobax), movimenti (notav), realtà associative, accusa la prima di voler trasformare la giornata del 15 in un trampolino di lancio di un'operazione eminentemente politicista e poltronista.

Come in ogni posizione eccessivamente marmorea, la semplificazione e la stigmatizzazione dell'altro prevalgono sulla plausibile ragionevolezza di entrambe posizioni. Non è un banale invito al giusto mezzo ma un tentativo di usare la lente della critica sul mondo, e non l'imbuto della semplificazione.

Io credo che sia possibile un'altra via, rispetto alle due indicate; e cioè la via della continua messa in discussione delle conquiste -caso mai conquistassimo qualcosa. Cioè: l'opposizione non all'istituzionalizzazione, alla legalizzazione in sé delle conquiste, ma alla cristallizzazione delle stesse, all'idea vertenziale delle lotte, per cui: raggiunto un obbiettivo, buonanotte suonatori (compreso l'obbiettivo della maxivertenziale, ortodossissima rivoluzione comunista). Ciò non esclude né una via parzialmente istituzionale né una via tumultuosa, ma è al contrario una continua tensione fra le due visioni. A scanso d'equivoci: s'avvicina molto poco (per niente) al cosiddetto riformismo di sinistra, e molto più ad una democrazia dei territori diretta e orizzontale.

Se da questi miseri anni a cavallo dei millenni potessimo trarre insegnamento, esso potrebbe essere che: la via istituzionale al cambiamento è un fallimento a priori, visto ch'è interamente giocata nel campo politico dell'avversario, che fa e disfa le regole a suo piacimento; la via della rivolta è inconcludente, pericolosa e irresponsabile.

Perché non immaginarsi altro? Perché non smetterla di accusarsi a vicenda (alcune accuse, non solo da parte di Maroni, sono davvero infamanti e ingiuste, come quelle rivolte al centro sociale Acrobax)? Perché non riunire le forze che genuinamente credono in un altro mondo (e qui rifletterei se in quest'altro mondo volessimo le leggi reali) e tentare una via nuova?

ARCHEOLOGIA O INDUSTRIA???

Ripartiamo aprendo un interessante dibattito.
L'Italia è il Paese nel quale si concentrano la maggior parte delle bellezze mondiali, dove storia, natura, arte e cultura si incontrano e lasciano senza fiato.
Ma l'Italia è anche il Paese dove la crisi morde in maniera più aggressiva, dove il lavoro "basta andarselo a cercare solo che: è nero, saltuario e soprattutto pesante" (cit. 99 posse).
E allora cosa succede quando la possibilità di creare nuovi posti di lavoro viene a scontrarsi con un ritrovamento archeologico?
"Il lavoro prima di tutto" e "con la cultura non si mangia". E' questa una situazione nella quale le tradizionali frasi precostituite dell'appesantito dibattito politico e sociale italiano non fanno altro che portare in un vicolo cieco, una strada senza uscita.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/10/17/news/archeologia_industriale-23359564/?ref=HREC1-12

martedì 18 ottobre 2011

Spunti,provocazioni, dibattiti, riflessioni, proposte e incazzature!

Il raddoppio del termovalorizzatore, l'adozione del nuovo PGT, la Biblioteca, le Politiche Giovanili, la giunta Villa e le Opposizioni, il parchetto di via Biffi e le sue panchine, la questione Case Popolari, il Centro Giovani, il mondo dell'associazionismo, i Cineforum, Musica che abbatte i muri, il Moonasterock...
La crisi economica, quella finanziaria, quella politica, la disoccupazione, la società dei consumi, la televisione, i social network, la difesa dei beni comuni, il cemento che mangia il territorio, gli indignados, il capitalismo, la decrescita, gli stage, i bamboccioni, il posto letto a 400 euro, gli scioperi, le manifestazioni, il TAV, il Dal Molin, la FIAT, i PIGS, i BRICS, lo spread, la Borsa o la vita. La nostra vita.

 Gli spunti non mancano. Far rivivere il nostro Blog diventa un dovere. RIPROVIAMOCI!!!!!