martedì 30 giugno 2009

La politica e la rete

Visto che oramai siamo anche noi in rete, vediamo un pò come si pone la politica nostrana nei confronti di internet... Ho ripreso questo articolo dal sito de L'Unità, che ha tratto ispirazione da un'indagine di Reporter senza Frontiere.

Pochi giorni fa Reporters sans frontières ha elencato i nomi dei paesi «nemici di internet»: dodici Stati che esercitano il massimo del controllo possibile sulla rete, restringendo gli spazi di libertà di espressione dei loro cittadini. Si tratta di Arabia Saudita, Birmania, Cina, Cuba, Egitto, Iran, Corea del Nord, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Dittature efferate, regimi autoritari, democrazie solo nominali.
L’Italia non è nell’elenco. Ma la mancata inclusione, il fatto di essere un paese democratico, non ci mette al riparo dal rischio di elaborare una legislazione repressiva: dove non arriva la violenza criminale delle dittature, spesso possono arrivare la scarsa conoscenza del problema, se non in alcuni casi l’ignoranza o la malafede. La proverbiale allergia alla modernità della classe politica italiana - sempre che sia lecito parlare di modernità a proposito di una cosa, Internet, che esiste da vent'anni - rischia infatti di bloccare il nostro paese nel medioevo digitale. Di danni se ne sono già fatti: diverse zone d'Italia non sono ancora raggiunte da Internet ad alta velocità e i fortunati che hanno l'Adsl pagano l’abbonamento molto più di quello che pagherebbero all’estero per l’identico servizio, anche il doppio. Risultato: l'Italia è l'unico paese dell’Unione europea dove la diffusione della rete arretra anziché aumentare (dati Eurostat). Se da anni le sentenze si rincorrono e si contraddicono, nel tentativo di accomunare internet ora alle bacheche universitarie, ora agli organi di stampa, la politica sembra essersi da poco accorta di questo enorme vuoto legislativo. Con risultati che suscitano molto perplessità.
Si è discusso parecchio in rete della proposta del senatore dell’Unione di centro Gianpiero D'Alia: un emendamento al decreto sicurezza - già approvato al Senato - volto a dare al ministro dell’Interno il compito di disporre filtraggi e addirittura oscuramenti per quei siti su cui si leggano «apologie di reato o istigazioni a delinquere». Facebook e Youtube, per fare due esempi, rischierebbero di essere interamente oscurati se comparisse anche un solo messaggio di incitamento a Totò Riina. La proposta di D’Alia ha infatti suscitato, nella stampa estera, commenti a metà tra l'allarmato e l'ironico. E un deputato del Popolo delle libertà, Roberto Cassinelli, ha presentato alla Camera un emendamento volto a eliminare l'assurdo principio dell'oscuramento e istituire un tavolo tecnico per una legislazione organica sulla rete.Non è finita.
Anche un altro deputato del Pdl, Gabriella Carlucci ( maaadooona meee, corsivo mio), è intervenuto di recente sulla materia. L’ha fatto con un disegno di legge che ha suscitato grandi discussioni nel web, non solo per il suo contenuto. Presentato come una proposta contro la pedofilia (che però non è mai nominata), il testo mira a impedire l'anonimato su internet. Quando è stato diffuso nel web, però, chi l’ha scaricato ha scoperto che era stato scritto da Davide Rossi, presidente di Univideo, una delle più grandi e influenti lobby dell'editoria. Evidentemente la Carlucci non sapeva che ogni file conserva memoria di colui che l’ha redatto e che questo “ricordo” riemerge nel momento in cui il file viene aperto.
La scarsa confidenza con le tecniche e la sensibilità della rete non è un’esclusiva del centrodestra. Pochi mesi fa Riccardo Levi (Partito Democratico) presentò un disegno di legge per imporre l'iscrizione a un registro pubblico a chiunque avesse voluto aprire un blog. Seguirono diverse proteste e, alla fine, Levi ritirò la proposta.
Un filo lega queste vicende. Da una parte è possibile riscontrare una certo grado di interesse d’impresa o politico in chi vorrebbe cancellare Internet pur di non essere costretto a inventarsi un nuovo modello di business - «Internet non serve all'umanità», è una delle frasi celebri di Davide Rossi, l’autore del disegno di legge della Carlucci - o non essere costretto a rendere conto del proprio operato di politico a una platea di cittadini sempre più attenta e numerosa. Dall'altra parte c'è l'ignoranza di una classe politica che spesso basa le sue scelte su luoghi comuni. Come quello secondo cui Internet è «una giungla senza regole».Un’affermazione falsa. Le diffamazioni, le calunnie, le apologie di reato, lo stalking compiuti in rete sono punibili grazie alle norme già vigenti in queste materie. O ancora: «Su Internet si può fare di tutto protetti dall'anonimato». Falso anche questo: al contrario di quel che avviene per le scritte sui muri e gli atti di vandalismo, qualsiasi azione compiuta su Internet porta con sé dati e informazioni sul suo autore. E' praticamente impossibile - se non utilizzando complicati sistemi di contraffazione - immettere un contenuto in rete senza poter essere identificati dall'autorità giudiziaria. Altra convinzione errata piuttosto diffusa: «I siti internet sono responsabili per i contenuti pubblicati dagli utenti». È come dire che i postini sono responsabili del contenuto delle lettere che recapitano.
Una legge su Internet serve, eccome: ma che sia una buona legge, equilibrata e moderna. Magari anche scritta da qualcuno che sappia di cosa parla.

sabato 27 giugno 2009

In Abruzzo non tutto è come sembra...

Una lettera che ci aiuta a comprendere come l'informazione possa realmente distorcere la realtà.
Sembra che non ci siano voci di dissenso stando ai nostri media, ma la popolazione abruzzese con orgoglio rivendica verità e rispetto!

Ho visto l 'Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case
> distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro
> destino. Un militare a fare da guardia a ciascuno degli accessi alla
> zona rossa, quella off limits.
> Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato nell'unico
> posto aperto, dove va tutta la gente, dai militari alla protezione
> civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i
> pomodori e gli affettati.
> Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando
> "Si Può Fare". Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, Anna
> Maria, Franco e la sua donna. Poi siamo tornati quando il film stava
> per finire. La gente piangeva. Avevo il microfono e mi hanno chiesto
> come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia
> di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.
> Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha
> perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca,
> stanno malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della
> protezione civile non potessero piombargli nelle tende all'improvviso,
> anche nel cuore della notte,
> per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo.
>
> Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli
> serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi,
> con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c'era la
> parola "cazzeggio". A venti chilometri dall'Aquila il tom tom è
> oscurato. La città è completamente
> militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno
> dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno
> accoltellato uno. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la
> città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero
> e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di cosa succederà a
> questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro
> elicotteri e le loro auto blindate? Là ???? Per entrare in ciascuna
> delle tendopoli bisogna subire una
> serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco
> fossero delinquenti, anche
> solo per poter salutare un amico o un parente.
> Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto
> internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da
> ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso
> duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L
> 'Aquila.
> Poi c 'è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le
> tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare
> qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E ' come se avessero
> voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a
> stordirsi di qualunque cosa,
> l'importante è che all'esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è
> presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il
> ragazzo che me l 'ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore
> di pentole. Qua i media dicono che là va tutto benissimo. Quel ragazzo
> che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi
> adulti, a qualche anziano, mi ha detto che "quello che il Governo sta
> facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere
> come si fa a tenere prigioniera l 'intera popolazione di una città,
> senza che al di fuori possa trapelare niente". Mi ha anche spiegato
> che la lotta più grande per tutti là è proprio non impazzire. In tutto
> questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non
> c 'è più, tutto perduto.
> Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre
> chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perchè
> i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C 'era un
> silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di
> zombie. E poi quest'umanità all'improvviso di cuori palpitanti e di
> persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere
> andato là. Ci voglio tornare. Con quella luna gigantesca che mi
> guardava nella notte in fondo
> alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei
> voluto buttarmi al tuo collo
> per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
> Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo
> mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e
> fuori c 'erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al
> bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli "Assaggi,
> assaggi". Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando
> insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finchè Michele non
> l'ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: "Non bisogna perdere
> le buone abitudini".
> Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
> Anzi metto in rete questa mia lettera per te.
>
> Andrea Gattinoni, 11 maggio notte

giovedì 25 giugno 2009

Fast Fest 2009

Ciao a tutti!
Il 3-4-5 luglio ci trovate con il nostro banchetto al Fast Fest 2009. L'evento si svolgerà a Trezzo sull'Adda, presso il Centro Giovani, nella zona del vecchio casello. Oltre a band locali ed emergenti, sabato sera suoneranno i Franziska, mentre la domenica sarà dedicata ad un gruppo di improvvisazione teatrale comica.

Anticipiamo inoltre che a partire da settembre (in date ancora da definire) con tutta probabilità organizzeremo alcuni spettacoli teatrali. Vi terremo informati: continuate a seguirci per futuri aggiornamenti e soprattutto veniteci a trovare!

lunedì 8 giugno 2009

Pioggia

Quella che sentite non è pioggia, sono lacrime
le lacrime dei nostri eroi, dei nostri veri eroi
che vedono sputare in faccia a questo maledetto paese durante ogni elezione

"....
E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.”

da "Canzone del maggio", F. De Andrè

giovedì 4 giugno 2009

The Sun Delladda

E' appena uscito il primo numero di "The Sun Delladda", aperiodico di informazione del Soldelladda!

Disponibile per ora soltanto on-line (http://www.scribd.com/doc/16081001/The-Sundelladda-Numero-0), già da domani avremo tra le mani la copia cartacea, che verrà distribuita al banchetto presente al Moonasterock, ma non solo!

Veniteci a trovare, lasciate dei commenti qui o su facebook, scriveteci un e-mail! Fateci sapere cosa ne pensate!

Vi abbiamo dato da leggere. Vi abbiamo detto dove trovarci... Ora tocca a voi!

Soldelladda al Moonasterock

Il Soldelladda sarà presente con un proprio banchetto al Moonasterock 2009! Se volete venirci a trovare la manifestazione si svolge a Vaprio d'Adda, dal 5 al 14 di giugno!

Ecco il link con il programma:

http://www.associazioneilguado.it/?tag=moonasterock-20

Giovedì 11, dopo i concerti, proietteremo il documentario "Come un uomo sulla terra".

“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste. Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti (www.asinitas.net) sta sviluppando a Roma in collaborazione con ZaLab (www.zalab.org), gruppo di autori video specializzati in video partecipativo e documentario sociale e con AAMOD – Archivio Audioviso Movimento Operaio e Democratico. Le attività della “scuola di italiano” Asinitas Onlus sono portate avanti con il sostegno della fondazione Lettera 27 e della Tavola Valdese. Il film è stato prodotto da Marco Carsetti e Alessandro Triulzi per Asinitas Onlus e da Andrea Segre per ZaLab. Si ringrazia per la collaborazione al progetto Mauro Morbidelli.

Ecc il link del blog:
http://comeunuomosullaterra.blogspot.com/

Ringraziamo l'associazione "Il Guado" per l'ospitalità!


martedì 2 giugno 2009

Per riflettere

Volevo soltanto segnalare questo articolo, di un grande (Roberto Saviano), su un tema che ci sta molto a cuore. Lo so l'avrete letto tutti, non è recentissimo, ma forse a qualcuno è sfuggito....

Per riflettere....

Il coraggio dimenticato
di ROBERTO SAVIANO


Chi racconta che l'arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica. Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non sono partite da italiani ma da africani. In dieci anni è successo soltanto due volte che vi fossero, sull'onda dello sdegno e della fine della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.

Manifestazioni spontanee. E sono stati africani a farle. Chi ha urlato: "Ora basta" ai capizona, ai clan, alle famiglie sono stati africani. A Castelvolturno, il 19 settembre 2008, dopo la strage a opera della camorra in cui vengono uccisi sei immigrati africani: Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex Geemes della Liberia e Eric Yeboah del Ghana. Joseph Ayimbora, ghanese, viene ricoverato in condizioni gravi. Le vittime sono tutte giovanissime, il più anziano tra loro ha poco più di trent'anni, sale la rabbia e scoppia una rivolta davanti al luogo del massacro. La rivolta fa arrivare telecamere da ogni parte del mondo e le immagini che vengono trasmesse sono quelle di un intero popolo che ferma tutto per chiedere attenzione e giustizia. Nei sei mesi precedenti, la camorra aveva ucciso un numero impressionante di innocenti italiani. Il 16 maggio Domenico Noviello, un uomo che dieci anni fa aveva denunciato un'estorsione ma appena persa la scorta l'hanno massacrato. Ma nulla. Nessuna protesta. Nessuna rimostranza. Nessun italiano scende in strada. I pochi indignati, e tutti confinati sul piano locale, si sentono sempre più soli e senza forze.

Ma questa solitudine finalmente si rompe quando, la mattina del 19, centinaia e centinaia di donne e uomini africani occupano le strade e gridano in faccia agli italiani la loro indignazione. Succedono incidenti. Ma la cosa straordinaria è che il giorno dopo, gli africani, si faranno carico loro stessi di riparare ai danni provocati. L'obiettivo era attirare attenzione e dire: "Non osate mai più". Contro poche persone si può ogni tipo di violenza, ma contro un intera popolazione schierata, no. E poi a Rosarno. In provincia di Reggio Calabria, uno dei tanti paesini del sud Italia a economia prevalentemente agricola che sembrano marchiati da un sottosviluppo cronico e le cui cosche, in questo caso le 'ndrine, fatturano cifre paragonabili al PIL del paese.


La cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l'inchiesta del GOA della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il danaro della coca nell'edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in Belgio.

L'egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri - anche loro, come i ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi - si radunano per protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due soli giorni dall'aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza della 'ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai accaduto negli anni precedenti.

Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente, aveva sempre avuto il coraggio di resistere. Ne fu esempio Peppe Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi. Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno.

E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti gli italiani. Difendono il diritto di lavorare e di vivere dignitosamente e difendono il diritto della terra. L'agricoltura era una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi. E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro.

Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" di Antonello Mangano, edito da Terrelibere. La popolazione africana ha immesso nel tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare. Anticorpi che nascono dall'elementare desiderio di vivere.

L'omertà non gli appartiene e neanche la percezione che tutto è sempre stato così e sempre lo sarà. La necessità di aprirsi nuovi spazi di vita non li costringe solo alla sopravvivenza ma anche alla difesa del diritto. E questo è l'inizio per ogni vera battaglia contro le cosche. Per il pubblico internazionale risulta davvero difficile spiegarsi questo generale senso di criminalizzazione verso i migranti. Fatto poi da un paese, l'Italia, che ha esportato mafia in ogni angolo della terra, le cui organizzazioni criminali hanno insegnato al mondo come strutturare organizzazioni militari e politiche mafiose. Che hanno fatto sviluppare il commercio della coca in Sudamerica con i loro investimenti, che hanno messo a punto, con le cinque famiglie mafiose italiane newyorkesi, una sorta di educazione mafiosa all'estero.

Oggi, come le indagini dell'FBI e della DEA dimostrano, chiunque voglia fare attività economico-criminali a New York che siano kosovari o giamaicani, georgiani o indiani devono necessariamente mediare con le famiglie italiane, che hanno perso prestigio ma non rispetto. Altro esempio eclatante è Vito Roberto Palazzolo che ha colonizzato persino il Sudafrica rendendolo per anni un posto sicuro per latitanti, come le famiglie italiane sono riuscite a trasformare paesi dell'est in loro colonie d'investimento e come dimostra l'ultimo dossier di Legambiente le mafie italiane usano le sponde africane per intombare rifiuti tossici (in una sola operazione in Costa D'Avorio, dall'Europa, furono scaricati 851 tonnellate di rifiuti tossici).

E questo paese dice che gli immigrati portano criminalità? Le mafie straniere in Italia ci sono e sono fortissime ma sono alleate di quelle italiane. Non esiste loro potere senza il consenso e la speculazione dei gruppi italiani. Basta leggere le inchieste per capire come arrivano i boss stranieri in Italia. Arrivano in aereo da Lagos o da Leopoli. Dalla Nigeria, dall'Ucraina dalla Bielorussia. Gestiscono flussi di danaro che spesso reinvestono negli sportelli Money Transfer. Le inchieste più importanti come quella denominata Linus e fatta dai pm Giovanni Conzo e Paolo Itri della Procura di Napoli sulla mafia nigeriana dimostrano che i narcos nigeriani non arrivano sui barconi ma per aereo. Persino i disperati che per pagarsi un viaggio e avere liquidità appena atterrano trasportano in pancia ovuli di coca. Anche loro non arrivano sui barconi. Mai.

Quando si generalizza, si fa il favore delle mafie. Loro vivono di questa generalizzazione. Vogliono essere gli unici partner. Se tutti gli immigrati diventano criminali, le bande criminali riusciranno a sentirsi come i loro rappresentanti e non ci sarà documento o arrivo che non sia gestito da loro. La mafia ucraina monopolizza il mercato delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e della distribuzione della coca, i bulgari dell'eroina, i furti di auto di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste organizzazioni vive senza il consenso e l'alleanza delle mafie italiane.

Nessuna di queste organizzazioni vivrebbe una sola ora senza l'alleanza con i gruppi italiani. Avere un atteggiamento di chiusura e criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e l'assistenza legale. E non si tratta di interpretare il ruolo delle "anime belle", come direbbe qualcuno, ma di analizzare come le mafie italiane sfruttino ogni debolezza delle comunità migranti. Meno queste vengono protette dallo Stato, più divengono a loro disposizione. Il paese in cui è bello riconoscersi - insegna Altiero Spinelli padre del pensiero europeo - è quello fatto di comportamenti non di monumenti. Io so che quella parte d'Italia che si è in questi anni comportata capendo e accogliendo, è quella parte che vede nei migranti nuove speranze e nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare. L'Italia in cui è bello riconoscersi e che porta in se la memoria delle persecuzioni dei propri migranti e non permetterà che questo riaccada sulla propria terra.