Scrivo queste righe a caldo, dopo aver partecipato ad un'assemblea del movimento 15M (famoso in tutta Europa come il movimento degli indignados) per non lasciarmi sfuggire le sensazioni emotive e le impressioni superficiali che ho provato. Credo che questo sia l'unico metodo per provare ad afferrare qualcosa in mancanza di tempo per esplorare e approfondire. Inoltre si abbozzerà un tentativo di comparazione con le varie situazioni di opposizione sociale di cui ho avuto esperienza in Italia, delle quali ho un'opinione probabilmente più sedimentata.
L'asamblea 15M Granada si svolge in Plaza del Carmen, una delle piazze centrali di Granada, che ospita l'ayuntamento (il municipio), alle ore 17. Le persone arrivano a grappoli, e non si comincia prima di una mezz'oretta, seduti per terra nella luce viola del tramonto.Come primo passo l'assemblea elegge un moderatore, che ha il compito di tenere la lista degli interventi e temperarne gli eccessi. Il ruolo è affidato a Clara, una signora sulla sessantina con i capelli color avorio raccolti dietro le spalle. Fuma.Il primo punto all'ordine del giorno riguarda la necessità di uno spazio al chiuso per sostenere le assemblee in tempo invernale: pur essendo molto a sud -all'altezza della Sicilia- Granada è piuttosto fredda nei mesi invernali, a causa della catena montuosa della Sierra nevada, che la strozza in una valle e che ci soffia sopra vento nevoso.
Durante il dibattito emerge la composizione dell'assemblea, divisa territorialmente in quartieri e tematicamente in gruppi di lavoro. Uno di questi ultimi aveva il compito di elaborare una proposta per risolvere il problema dello spazio e portarla in assemblea attraverso la voce di un rappresentante, sempre molto attento nel tentare di scindere la proposta del gruppo, articolata in pochi punti chiari, dal personale tentativo d'interpretare il dibattito che ha maturato il progetto.
La sostanza della proposta era di occupare un luogo inutilizzato di proprietà di una qualche istituzione pubblica per aprirlo al movimento indignados e a qualsiasi associazione di persone che sia apartitica e asindacale. Verrà, una volta superato il periodo di contrattazione con l'istituzione, insediata un'assemblea di gestione plenaria, che avrà il compito di organizzare il posto, che in ogni caso non potrà mai essere un'occupazione a scopo abitativo né ricreativo.
Durante l'esposizione della proposta noto che diverse persone, di quando in quando, alzano le mani agitandole sopra la testa -un po' come in Italia si fa alleluia in chiesa. Ci metto un po' a compendere che il gesto è sinonimo di consenso con le parole di chi sta parlando, e ne apprezzo la plasticità buffa e l'efficacia.
C'è da osservare immediatamente come il dibattito sullo strumento “partito” non s'inneschi, come probabilmente farebbe in una discussioe simile in Italia. Evidentemente il movimento 15M ha già affrontato la questione: né partiti né altri organi della democrazia rappresentativa sono coniderati, allo stato attuale delle cose, strumenti interrogabili per il cambiamento. Né alle manifestazioni sono ospitati: nessuna bandiera di partito sventolava durante l'unica manifestazione a cui ho partecipato, il 4 novembre. Mi pare che questa sia una delle differenze più evidenti con il procedere politico italiano, emersa bene anche durante la mobilitazione internazionale del 15 ottobre: è qui messa in discussione e rigettata la forma della democrazia rappresentativa in quanto meccanismo inevitabilmente intaccato e guidato dalle logiche economiche del capitale: nessun partito potrà cavalcare l'onda degli indignados per raccattare voti. Alla rappresentanza indiretta è contrapposta la discussione in assemblee popolari.
La proposta del gruppo di lavoro è discussa nell'ambito dell'assemblea generale, che ospita le voci delle riunioni dei barrios della città. Evidentemente le assemblee territoriali erano già a conoscnza della sostanza della proposta, probabilmente da un'assemblea precedente, poiché diversi portavoce riportano gli esiti delle votazioni di quartiere intorno all'ipotesi di un'occupazione, laddove non fossero unanimi. I punti intorno ai quali emerge il dibattito sono: la questione del grado d'inclusività civica di un'azione simile; i problemi che emergerebbero nel caso di un'occupazione gestita male; la necessità di una contrattazione con gli abitanti del quartiere che ospiterà lo spazio.
La decisione di occupare uno spazio è presa dall'assemblea a grande maggioranza, con nessun voto contrario e qualche astensione degli scettici, che fanno seguire al proprio voto una chiarificazione dei propri dubbi. Solo un portavoce di quartiere si astiene.
Una cosa interessante è l'utilizzo dello strumento del voto. Esso non rappresenta la voce ultima e inappellabile dell'assemblea: non funziona esattamente secondo il principio che è la maggioranza a decidere. Più verosimlmente, per come l'ho percepita io, è piuttosto la non contrarietà di nessuno a permettere la presa di decisione. Il voto contrario sarebbe dunque considerato come strumento per esigere un prolungamento del dibattito, per riformulare l'oggetto della discussione e poi del voto.
Inoltre l'utilizzo del voto non è legato in alcun modo alla partecipazione continuata alle attività, ma alla semplice presenza fisica e alla volontà di votare. Si possono trovare molte pecche in un sistema simile, ma quantomeno evidenzia lo sforzo di considerare ogni persona come legittima autorappresentante nel luogo in cui vive, al di là di tutte le burocrazie che impone la democrazie rappresentative. Dunque la presenza come unico requisito -inalienabile (?)- per il diritto alla parola e alla partecipazione al proprio territorio.
È una sensazioe strana, per chi è abituato ad un certo tipo di dibattito in Italia, stare in un'assemblea che usa in modo così disinvolto la parola democrazia e, in qualche modo, che addirittura ne rispetta le forme e i principi basilari. Evidentemente ha alle spalle una discussione che ne seleziona una certa accezione, che tenta di metterne in atto certe forme e ne fa risaltare un anima radicalmente contrapposta alla democrazia mainstream attuale -anche perché oggi meno che mai si può chiamare democrazia un regime in mano al capitale.
Devo dire che il movimento 15M non mi è parso in grado di effettuare la svolta che chiede e nemmeno immacolato dalle gravi contraddizioni (sociali, psicologiche, politiche..) che attraversano tutti i movimenti di opposizione sociale europei; tuttvia tra le pieghe del dibattito emerge una certa maturità che va certamente oltre le discussoni pesanti, incartate, paratatticistiche delle nostre assemblee politiche (e questo, ahinoi, accomuna quasi tutti i livelli della vita politica italiana). Una vitalità candida, se si vuole anche ingenua, ma che odora di reinvenzione, riorganizzazione. Ri-messa in discussione di ciascuno e ciascuna, oltre che del capitale.
Sarebbe vento fresco a casa nostra.
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